Il Microbiota, Questo Sconosciuto
Negli ultimi anni molti studi scientifici hanno dimostrato che la composizione qualitativa e quantitativa del microbiota, cioè è l’insieme microrganismi che popolano il tratto intestinale, gioca un ruolo determinante per la nostra salute.
Quali specie compongono il microbiota?
Esiste una grande varietà tra gli individui, ma in generale il microbiota intestinale è composto da circa 160 specie. Lo studio del microbiota umano ha permesso di configurare tre principali tipi e i generi dei batteri usati come marker per stabilire a quale categoria appartiene il microbiota di un individuo sono Bacteroides, Prevotella e Ruminococcus (l’ultimo gruppo è associato anche alla presenza del Methanobrevibacter).
Quale funzione ha il microbiota?
Non sappiamo ancora quale siano tutte le funzioni del microbiota, alcune oggi note sono: segnalazione immunitaria e modulazione della risposta immunitaria, produzione di messaggeri del sistema nervoso, produzione di vitamine essenziali, regolazione del metabolismo lipidico, produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), in particolare butirrato, e acidi grassi a catena ramificata. A seconda del substrato fermentato, cioè del cibo che ingeriamo e che riusciamo a digerire i batteri del microbiota producono: idrogeno, anidride carbonica e metano, ammoniaca, ammine e composti fenolici che hanno un effetto su tutto l’organismo.
La simbiosi tra l’organismo umano e il microbiota intestinale è sempre più evidente. Il termine “super-organismo” è stato coniato quando si è cominciato a considerare il nostro corpo come un organismo, un conglomerato dell’insieme di proteine prodotte dalle nostre cellule (trascrittoma) sommato al tascrittoma plastico e molto più ampio del prodotto dall’insieme di batteri che popolano il tratto intestinale. Poiché il nostro intestino è il secondo organo che contiene il maggior numero di cellule nervose si parla spesso di sistema nervoso enterico (SNE) è talvolta definito in letteratura come il “secondo cervello”. Il SNE invia segnali dall’intestino al cervello mediante un sistema di segnalazioni endocrino, neuronale e immunitario ecco perché sesso i nostri stati d’animo si riflettono sulla funzionalità dell’intestino e viceversa.
Inoltre nel nostro intestino è presente il tessuto linfoide associato all’intestino (GALT) che regolarmente seleziona e risponde ai segnali provenienti dal lume intestinale è considerato l’organo di difesa contro le infezioni più esteso del corpo umano; quindi il nostro intestino è coinvolto in prima linea anche nella funzionalità del sistema immunitario.
Detto questo è evidente che la combinazione delle interazioni tra lo SNE, il microbiota e il GALT mostra un grande potenziale per influire positivamente sul benessere fisico, immunologico ed emotivo.
Da che cosa è formato il microbiota?
Il microbiota inizia a formarsi alla nascita, e sono il parto e la nutrizione del neonato a influire sullo sviluppo iniziale del microbiota. Si ritiene che lo svezzamento e l’ambiente (rurale o urbano) in cui viene allevato il bambino influenzino il la formazione del microbiota. Molti studi condotti su comunità isolate dell’Africa hanno evidenziato la presenza di una colonizzazione batterica unica e diversa da quella riscontrata in un gruppo occidentale, a riprova di quanto l’ambiente rappresenti una grande spinta alla colonizzazione; ma non solo l’ambiente influenza il microbiota infatti molti studi condotti su gemelli hanno rivelato che esiste una marcata influenza genetica dell’individuo, che è correlata alla sua capacità di processare i cibi e produrre quindi i nutrienti per i batteri che compongono il microbiota, a determinare la composizione del microbiota stesso. Anche i partner di gemelli monozigoti mostravano correlazioni positive, avvalorando l’ipotesi che la natura e l’alimentazione siano fattori importanti nel determinare la ricchezza genetica del microbiota intestinale.
Il microbiota inoltre è influenzato anche dall’età, infatti negli anziani il microbiota cambia di nuovo, anche se non è chiaro il motivo per cui ciò accada. Nella popolazione anziana si osserva una riduzione nel numero di batteri che producono butirrato e una riduzione nella ricchezza genetica del microbiota.
Comunque ciò che influenza di più la composizione del microbiota è sicuramente la dieta: ad esempio il genere di batteri Prevotella, che normalmente è associato con un buono stato di salute, aumenta con l'assunzione di fibre e diminuisce con l’assunzione di prodotti raffinati.
Come influisce su di noi il cambiamento?
Quando il microbiota è composto da una qualità e quantità ottimale di batteri si dice che è in eubiosi che promuove il nostro stato di salute, quando invece si ha la disbiosi, cioè la proliferazione di uno o più organismi microbici potenzialmente dannosi per la biodiversità batterica e la salute dell’intestino insorgono a numerose patologie.
Recentemente è stato pubblicato un elenco delle malattie e delle alterazioni nelle popolazioni batteriche a esse correlate, inoltre le nuove tecnologie hanno permesso di identificare una sorta di “impronta digitale batterica” legata a determinate patologie che potrebbe rivelarsi un potente e non invasivo strumento diagnostico permettendo lo sviluppo di una terapia specifica.
Come possiamo migliorare il microbiota?
Diversi studi sull’alimentazione dimostrano che cambiare dieta permette di alterare il microbiota. Nutrire l’ospite per nutrire il microbiota è la strategia di manipolazione più ovvia. Una dieta ad alto contenuto proteico e lipidico è stata associata all’enterotipo Bacteroides, mentre una dieta ricca di carboidrati corrisponde all’enterotipo Prevotella. È stato dimostrato che cambiamenti a breve termine nella dieta (10 giorni) sono in grado di modificare la composizione del microbioma. Una dieta ad alto contenuto di fibre induce una proliferazione di tre gruppi batterici solitamente associati a uno stato di buona salute, Faecalibaterium prausnitzii, Bifidobacterium e Clostridium cluster XIVa.
Altri studi sono concordi nel sancire l’utilità di prebiotici e probiotici nel favorire la diffusione dei benefici bifidobatteri e lactobacilli.
Esiste anche la possibilità del trapianto di microbiota fecale che è un’altra tecnica che consente di operare una rapida correzione di un microbioma alterato, ma una scorretta alimentazione riporterà di nuovo alla disbiosi. Studi clinici condotti su pazienti affetti da Clostridium difficile non trattabile hanno dato risultati incoraggianti.
Una dieta varia e bilanciata ricca di tutte le categorie di nutrienti dovrebbe servire a fornire un substrato alternato e sfavorire il proliferare di specie che potrebbero sortire effetti dannosi alla salute se prendono il sopravvento nell’intestino. Alterazioni nel microbioma causate da antibiotici o da attacchi di gastroenterite rendono consigliabile l’impiego generico di prebiotici e probiotici senza temere l’insorgenza di effetti collaterali.
Come faccio a sapere se sono in eubiosi?
Il disbiosi test è un semplice esame di laboratorio che si effettua su un campione di urine. Tale esame consiste nella quantizzazione di due sostanze presenti nelle urine: lo scatolo e l’indicano. Queste molecole, che normalmente sono presenti nelle urine dei soggetti eubiotici (cioè sani) in tracce (4 -20 mg), risultano aumentate in caso di disbiosi.
Il disbiosi test ci dà anche alcune indicazioni sul tratto dell’intestino che soffre maggiormente di uno squilibrio della flora batterica: se è alterato il valore dell’indicano, è l’intestino tenue ad essere più sofferente: in questo caso è consigliabile una supplementazione con un probiotico contenente un ceppo batterico colonizzante soprattutto il tenue come il lactobacillus acidophilus.
Se invece è lo scatolo ad essere aumentato, il problema è soprattutto a carico dell’intestino crasso, in particolar modo del colon: quindi sarà preferibile una supplementazione con un probiotico che contenga un ceppo batterico colonizzante il colon, come per esempio il bifidobacter bifidus. Se risultano alti entrambi i valori, allora vuol dire che il dismicrobismo riguarda sia l’intestino tenue che crasso: in tal caso si opterà per un probiotico ad ampio spettro, che contenga per esempio sia acidophilus che bifidus.
La terapia probiotica dura di solito tre mesi, a seconda della gravità della disbiosi.
A breve sarà disponibile anche un test di biologia molecolare che permetterà di stabilire l’esatta composizione del proprio microbiota in modo da impostare terapie di prevenzione e / o cura attraverso la modulazione della composizione del microbiota stesso.