La Trombofilia
Le linee guida per lo screening dei fattori genetici
Si definisce trombofilia la tendenza alla formazione di trombi nel circolo sanguigno (venoso/arterioso) causata da fattori congeniti o acquisiti che si manifesta tipicamente in età giovanile (<50 anni), senza cause apparenti e con la tendenza a recidivare.
La maggior parte delle alterazioni trombofiliche sono congenite, alcune sono estremamente rare nella popolazione generale come, ad esempio i deficit di antitrombina con una prevalenza stimata pari al 0,02%, altre invece più frequenti come la resistenza alla proteina C attivata FV Leiden pari a circa il 5%.
Occorre sottolineare che i difetti trombofilici non sono malattie, ma condizioni che predispongono alla trombosi. Il rischio di complicanze è differente a seconda del tipo di difetto e la sua individuazione può consentire una maggiore efficacia nell’approccio terapeutico del paziente affetto da trombosi, come ad esempio definire la durata ottimale della terapia anticoagulante ed individuare i soggetti a maggior rischio di eventi al fine di orientare strategie preventive più adeguate.
Spesso gli eventi tromboembolici sono scatenati o favoriti dall’aggiungersi di altri fattori di rischio, come l’assunzione di estroprogestinici o l’immobilità: tali condizioni possono determinare un aumento esponenziale e non solo sommatorio del rischio calcolato.
Esistono quindi delle linee guida per lo screening dei fattori genetici che predispongono alla trombofilia per l’individuazione dei soggetti a rischio e l’attuazione di misure preventive.
Lo screening per la trombofilia è consigliato in caso di:
• Età giovanile di comparsa dell’evento trombotico (< 50 anni)
• Tromboembolismo venoso idiopatico
• Tromboembolismo venoso ricorrente
• Trombosi venose superficiali recidivanti
• Trombosi in sedi non usuali
• Soggetti asintomatici con familiarità positiva per eventi tromboembolici ricorrenti
• Familiari di primo grado di soggetti portatori di trombofilia eredo-familiare
• Necrosi cutanea indotta da anticoagulanti orali
• Porpora fulminante neonatale
• Donne che intendono assumere contraccettivi orali
• Donne con precedenti episodi di trombosi in gravidanza
• Donne con poliabortività
• Donne con precedente figlio con DTN (difetto tubo neurale)
• Gestanti con IUGR, tromboflebite o trombosi placentare
• Soggetti diabetici.
Le trombofilie ereditarie (predisposizione genetica alla trombosi) nella maggior parte dei casi sono alterazioni di uno o più fattori della coagulazione del sangue: un processo molto complesso che prevede l'intervento in successione di molti fattori (proteine) diversi. Si tratta di un evento a cascata, una specie di reazione a catena.
La suscettibilità alla trombosi è dovuta a mutazioni di un singolo nucleotide all'interno della sequenza dei geni (varianti) che producono le proteine necessarie alla coagulazione. I geni in considerazione sono quelli relativi al fattore V di Leiden, al fattore II della coagulazione (protrombina) ed il gene MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi). Altri geni sono stati associati a stati trombotici, tra i quali: Fattore XIII, Beta Fibrinogeno, PAI-1, HPA, HFE, APO E, ACE, AGT.
Le donne sofferenti di trombofilia ereditaria, eccessiva coagulazione causata da un'anomalia genetica, sono la categoria più a rischio di aborto in utero a gravidanza avanzata. Nella maggior parte dei casi la morte del feto è causata da alterazioni geniche di uno o più fattori della coagulazione del sangue che determinano l'instaurarsi di una trombosi placentare, caratterizzata da una ostruzione dei vasi sanguigni placentari.
Dal punto di vista della trasmissione genetica, la maggior parte dei difetti trombofilici si presenta in forma eterozigote e si trasmette con modalità autosomica dominante a penetranza incompleta. Le persone affette hanno una possibilità su due di trasmettere la predisposizione alla malattia ai figli, indipendentemente dal sesso. In gravidanza, una condizione genetica di eterozigosi o omozigosi per uno o più di questi geni è considerata predisponente all'aborto spontaneo.
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